giovedì 21 febbraio 2019



ALLA RICERCA DELLA FANTASIA
Era mattina, il sole era appena sorto e tutti dormivano ancora indisturbati. Eppure, in una piccola casa, nella sua cameretta, qualcuno era già sveglio.
-E’ il mio compleanno! – urlava Alisia saltellando sul letto dalla gioia.
Quel giorno Alisia avrebbe compiuto otto anni. Era una bambina allegra e vivace. Anzi, un po’ troppo vivace.
Subito, infatti, si infilò le pantofole e entrò nella camera della mamma con passo furtivo, per poi avvicinarsi alla madre, ancora immersa in un sonno profondo e ricominciare ad urlare: - Mamma, sveglia! Mamma! E’ il mio compleanno! Dai, mi avevi promesso che giocavamo tutto il giorno! –
La donna, molto paziente, ancora con gli occhi socchiusi la salutò con un caloroso sorriso.
-Dai, su, alzati! Andiamo a giocare! – continuava a dire Alisia tirando la madre per il pigiama e riuscendo ad avere la meglio. D’altronde aveva ragione: i giochi del compleanno erano una tradizione.
Alisia era cresciuta in sola compagnia della mamma, senza mai conoscere il suo vero padre. La madre insegnava in una scuola non molto distante da lì e quindi Alisia passava giornate intere con la sua babysitter, leggendo e disegnando. Poi, quando la sera tornava la madre, scatenava tutta la sua fantasia: riusciva a far diventare il divano un veliero dei pirati, il letto un castello delle principesse e il pavimento una piscina in cui nuotare e giocavano per ore e ore, fin quando la piccola non si addormentava tra le braccia della mamma che le raccontava le fiabe della buonanotte.
Quella mattina Alisia aveva già deciso che gioco fare: la madre doveva fingere di essere una principessa che era stata rapita da un enorme drago, rappresentato dal vecchio albero che avevano in giardino e lei doveva salvarla con la sua spada, un ramoscello trovato nell’erba.
-Vai via brutto dragone! - urlava Alisia -Lascia in pace la principessa! – E la madre rideva, guardandola come se fosse la cosa più preziosa al mondo. Poi, alla fine della “battaglia”, Alisia si avvicinò alla madre e l’abbracciò forte. -Sei salva -
-Oh grazie, ero così spaventata- disse la madre come se stesse recitando un copione scritto in precedenza. -Meriti davvero un bel premio-
-Il mio regalo! – esclamò Alisia.
-Esatto. Se vai a cercare in credenza…- neanche il tempo di finire la frase che Alisia corse in casa, colma di curiosità.
 La madre ne approfittò per svuotare la cassetta postale probabilmente colma di bollette da pagare e annunci pubblicitari. Varcò la soglia del cancelletto di ferro che circondava la casa e il giardino. In quel momento la bambina uscì di casa sventolando sorridente un pacchetto rosso, ancora incartato.
-Vieni, lo apriamo insieme! – disse Alisia ridendo.
La risata della figlia era musica per le orecchie della mamma. Poi la donna sentì il rumore di una sgommata…poi un clacson…poi non sentì più niente. Fu una questione di secondi. Alisia vide sua madre accasciata sull’asfalto, il corpo senza vita su uno sfondo rosso sangue. Rimase impietrita, lasciò cadere il pacchetto, era come se un proiettile le avesse attraversato il cuore, era ipnotizzata. Si risvegliò solo poco dopo, quando sentì la sirena dell’ambulanza, chiamata dai vicini che avevano assistito alla scena cruenta dalla finestra. Quel giorno la vita di Alisia sarebbe cambiata per sempre.
Dovette andare a vivere con sua zia, zia Gertrude, una vecchiaccia zitella a cui interessavano solo i soldi. Viveva in una città molto distante dalla casa della piccola Alisia, una città molto strana agli occhi della bambina. Era come se avessero cancellato tutti i colori, era rimasto solo il grigio. Persino le persone che vi abitavano sembravano scolorite e grigiastre. Si spostavano in massa, tutti con la testa china su uno strano dispositivo, pigiando velocemente con i pollici sullo schermo.
Alisia guardava quella strana città con gli occhi sgranati dal finestrino del taxi mentre la zia, che sedeva accanto a lei, stava quasi per appisolarsi. In quel momento decise di aprire il regalo della madre, ancora intrappolato nella carta rossa. La strappò piano piano, come se fosse qualcosa di prezioso. Il regalo era un bel libro, lei li adorava. Sulla copertina, dai colori accesi, erano raffigurati una principessa e una fatina e, sullo sfondo, un mago dall’aria malvagia. Non vedeva l’ora di leggerlo, era tutto ciò che le rimaneva di sua madre. Stava per aprirlo quando, improvvisamente, una mano rugosa glielo strappò dalle mani.
-Cos’è questo? – disse zia Gertrude.
-E’ il regalo della mia mamma! – urlò Alisia.
-Principesse…maghi…pss! Non esiste questa robaccia, la magia! – rispose la zia con aria di disprezzo.
-E’ solo un libro, voglio leggerlo! –
-A casa mia non avrai tempo di “viaggiare con la fantasia”, devi lavorare. –
E lo chiuse nella sua vecchia borsa di pelle, ignorando le proteste e i piagnucolii della bambina.
Il taxi si fermò a pochi passi dalla casa di zia Gertrude che, ovviamente, era la più grigia di tutte.
La prima cosa che fece, appena entrate, fu mettere il libro su una mensola in alto, lontano dalla portata di Alisia.
-Bene- disse -ora prendi quello straccio e inizia a pulire la stanza in fondo, tu starai lì-
Era una camera abbastanza stretta, impolverata, illuminata dalla luce fioca che penetrava dalla finestra. C’era un lettino, un comodino e un piccolo armadio, dove la sua roba sarebbe entrata a malapena.
-Pulisci tutto entro l’ora di cena- disse la zia con aria minacciosa e si sbatté la porta dietro le spalle, lasciando Alisia da sola.
La bambina si abbandonò ad un pianto disperato sul lettino.
-Come farò a vivere con lei?!- si ripeteva. -Rivoglio la mia mamma-.
Poi le venne in mente il libro, sarebbe stato l’unica consolazione, doveva trovare il modo per riprenderselo.
Cercò di finire le pulizie più in fretta che poteva, terminando pochi minuti prima della cena. Poi dovette sorbirsi il minestrone della zia Gertrude, mangiando in assoluto silenzio, mentre la vecchiaccia guardava il telegiornale. Dopodiché subito a letto. La camera da letto della zia era proprio accanto alla sua, la sentiva russare come un elefante. Era il momento giusto per agire.
Con passo felpato si diresse in soggiorno, dove la zia aveva recluso il suo prezioso libro. Salì sulla poltrona, non riusciva a raggiungerlo nemmeno in punta di piedi, la mensola era troppo alta. Si arrampicò quindi sulla spalliera, allungò le braccia e…preso! Tornò subito in camera sua, si mise sotto le coperte facendo luce con una torcia, aprì il libro e… -No…non può essere- pensò. Le pagine erano tutte bianche!
Non c’era scritto niente di niente, a parte una piccola nota nell’angolo in alto della prima pagina, somigliava alla scrittura della madre: “Usa la tua fantasia” diceva.
-Lo devo scrivere io! – esclamò Alisia e per poco non svegliava la zia.
Subito prese una penna, pensando a cosa avrebbe potuto scrivere. Optò per cominciare con il classico “C’era una volta” ma appena posò la penna sul foglio accadde qualcosa di straordinario.
Vide una grande luce bianca. Sparì il letto sotto di lei, poi tutta la stanza, si sentiva come se stesse cadendo in un pozzo senza fondo, per poi atterrare senza troppi lividi su un prato erboso. D’avanti a sé s’innalzava un grande e folto bosco.
Alice non capiva cosa fosse successo, non capiva dove si trovava, aveva bisogno di aiuto.
-C’è qualcuno? - cominciò ad urlare. –Qualcuno può sentirmi? –
Poi sentì un fruscio: - Chi è là? - disse.
Dalla chioma degli alberi, in contrasto con il cielo blu notte, si elevò una lucina minuscola, che si avvicinava sempre di più ad Alisia. La bambina non ci mise molto a capire cosa fosse: era una fatina, grande poco più del suo pollice.
-Ciao- disse Alisia. -Chi sei? –
-Sono la fata del bosco incantato, tu invece? Non ti ho mai vista da queste parti- disse la fata con voce dolce, familiare.
- Io sono Alisia, sono una bambina. La tua voce assomiglia a quella della mia mamma, sai? Forse sarà solo un’impressione…-
-Hai detto Alisia? - esclamò la fata -Allora la leggenda era vera! - e svolazzò attorno alla bambina dalla gioia.
-Ma…quale leggenda...cosa c’entro io? - disse Alisia confusa.
- Un’antica leggenda narra che un giorno sarebbe arrivata una bambina di nome Alisia e avrebbe sconfitto il Mago Oscuro della montagna, sei tu! - rispose la fata. Poi continuò, passando dall’euforia alla tristezza: - il Mago Oscuro ruba la fantasia agli esseri umani e la rinchiude nella sua sfera di cristallo. Un tempo ho provato a fermarlo, ma il suo potere è troppo grande. Ma ora ci sei tu! Aggiusterai tutto vero? Io ti darò il mio aiuto-.
In quel momento Alisia capì perché la zia, la sua città, le case, gli abitanti erano tutti così cupi: avevano perso la fantasia. Quel mago andava assolutamente fermato, era l’unico modo per Alisia per ritrovare la felicità. Guardò la fatina e disse: -Portami dal mago-.
-Beh…- disse la fata –l’unico modo per arrivarci è volando! - e con la sua minuscola bacchetta magica colpì la testa di Alisia, che cominciò a fluttuare nell’aria.
-Seguimi- disse la fata.
Era come nuotare nell’aria, una cosa meravigliosa. Sorvolarono le chiome degli alberi del bosco incantato. Sembrava di toccare il cielo con un dito. Dopo qualche minuto sentì la fata esclamare: -Ecco! Siamo arrivate- indicando una grande montagna rocciosa. Il mago viveva in una grotta profonda. Era buio pesto, così la fatina usò la sua magia per fare luce, quando improvvisamente si trovarono davanti una grande statua di un cane a tre teste. Una delle tre cominciò a parlare: -Se volete passare, forestieri, dovete risolvere un indovinello-
-Se sbagliate, sarà la vostra fine! – continuò la seconda testa.
Alisia guardò impaurita la fata, poi la terza testa cominciò a parlare:
-Se non parli per primo tu, lui non dice niente. Cos’è? –
Alisia e la fatina cominciarono a riflettere.
-Noi fate non siamo molto brave con gli indovinelli- sussurrò all’orecchio di Alisia
La bambina quasi non la sentì, continuò a pensare, quando fu interrotta dalla voce del cane.
-Vi restano dieci secondi! - Il vocione della statua rimbombò nella grotta, facendosi sempre più lontano.
-Ci sono! - esclamò Alisia –La risposta è l’eco-.
-Esatto! – risposero in coro le tre teste e le lasciarono passare.
Sentirono una voce profonda: -Chi è là? –
Era il mago, si intravedeva la sua sagoma nell’ombra. Aveva gli occhi gialli e malvagi e una lunga barba incolta dalla quale si intravedeva un ghigno malefico.
In mano aveva una sfera di cristallo di mille colori. Era lì che teneva rinchiusa la fantasia.
-Restituisci la fantasia agli umani! - disse Alisia con voce ferma, anche se dentro stava morendo di paura.
-MAI! – urlò il mago e, alzando la mano, scagliò una saetta contro la bambina. La fata, però, si frappose facendo da scudo e cadde a terra, dolorante.
Alisia era inerme, non sapeva cosa fare. Poi si ricordò di quando giocava con sua madre, quando usava un bastone come spada. La immaginò e quella, magicamente, si materializzò nelle sue mani. Poi si ricordò la nota della madre: “Usa la tua fantasia”. Incredibile! Riusciva a rendere reale tutto ciò che immaginava.
Corse verso il mago, che subito scagliò un’altra saetta, ma in men che non si dica, Alisia immaginò uno scudo per proteggersi.  Si scagliò contro il mago con tutta la forza che aveva e lo trafisse con la spada. Il vecchio si dissolse in una nuvola di fumo, urlando. La sfera di cristallo cadde a terra frantumandosi in mille pezzi, lasciando libere migliaia di stelline colorate che volarono fuori dalla grotta, cercando di raggiungere i rispettivi proprietari. Alisia corse dalla fatina, distesa al suolo, e la strinse forte tre le braccia chiudendo gli occhi. Quando li riaprì, però, non vide più la fata. Era sua madre, che la guardava con i suoi occhi dolci, sembrava un angelo.
-Mamma! Lo sapevo che eri tu! – e l’abbracciò forte.
-Sei stata brava- disse la madre - Ora però devi tornare alla realtà-
 -Vieni con me, non te ne andare di nuovo - disse Alisia tra le lacrime.
-Non posso, il mio posto ora è qui. Sei più forte di quanto pensi, ce la farai anche senza di me. E ricorda, non smettere mai di usare la tua fantasia- e le diede un bacio in fronte.
Alisia si ritrovò nel suo letto, era mattina. Forse era stato tutto un sogno…no invece, perché le pagine del libro erano piene. C’era scritta una storia, la sua storia. Sentì bussare alla porta.
-Alisia- disse zia Gertrude, però con una voce diversa, più dolce - E’ pronta la colazione, vieni-.
Arrivata in cucina trovò una colazione coi fiocchi e la zia, raggiante, la salutò con un abbraccio.
-Dormito bene piccola? - poi notò che era scomparso il libro dalla mensola, guardò Alisia e le sorrise.
-Qualche volta lo leggiamo insieme, ti va? –
Alisia si affacciò alla finestra. Le case erano colorate, il sole splendeva luminoso. I bambini giocavano per strada e gli adulti chiacchieravano serenamente.
Da quel giorno Alisia ebbe una vita allegra, spensierata e la madre continuava ad essere al suo fianco, vivendo nei suo ricordi e nel suo cuore.

Scritto da
Sarita Pisani 3^A






Poesia concorso "Pensieri di...versi"


NOTE PER SOGNARE

Quando tutto ti va storto,
ed il mondo ti dà torto,
quando hai voglia di fuggire
da chi non sa mai capire,
quel dolore, quel disagio
 che nascondi con coraggio.
Non hai bisogno di cercare
un veleno per sballare.
Con due cuffie nelle orecchie
 e una canzone da ascoltare,
puoi urlare a squarciagola
 tutto quello ti pare.
In sette note puoi trovare
 un motivo per amare.
A chi sogni non ne ha più
gliene presti uno tu.
Con una bella melodia
scacci la malinconia
 correresti a ringraziare
 chi al tuo cuore sa parlare.
Con la voce e la chitarra
 la sua storia al mondo narra
raccontando i suoi dolori
e di come uscirne fuori
E’ la musica fin dagli albori
 àncora dei giorni peggiori
 e adrenalina di quelli migliori,
 di noi giovanissimi sognatori.

SARITA PISANI
Alunna di 3^A