ALLA RICERCA DELLA FANTASIA
Era
mattina, il sole era appena sorto e tutti dormivano ancora indisturbati.
Eppure, in una piccola casa, nella sua cameretta, qualcuno era già sveglio.
-E’
il mio compleanno! – urlava Alisia saltellando sul letto dalla gioia.
Quel
giorno Alisia avrebbe compiuto otto anni. Era una bambina allegra e vivace.
Anzi, un po’ troppo vivace.
Subito,
infatti, si infilò le pantofole e entrò nella camera della mamma con passo
furtivo, per poi avvicinarsi alla madre, ancora immersa in un sonno profondo e
ricominciare ad urlare: - Mamma, sveglia! Mamma! E’ il mio compleanno! Dai, mi
avevi promesso che giocavamo tutto il giorno! –
La
donna, molto paziente, ancora con gli occhi socchiusi la salutò con un caloroso
sorriso.
-Dai,
su, alzati! Andiamo a giocare! – continuava a dire Alisia tirando la madre per
il pigiama e riuscendo ad avere la meglio. D’altronde aveva ragione: i giochi
del compleanno erano una tradizione.
Alisia
era cresciuta in sola compagnia della mamma, senza mai conoscere il suo vero
padre. La madre insegnava in una scuola non molto distante da lì e quindi
Alisia passava giornate intere con la sua babysitter, leggendo e disegnando. Poi,
quando la sera tornava la madre, scatenava tutta la sua fantasia: riusciva a
far diventare il divano un veliero dei pirati, il letto un castello delle
principesse e il pavimento una piscina in cui nuotare e giocavano per ore e
ore, fin quando la piccola non si addormentava tra le braccia della mamma che
le raccontava le fiabe della buonanotte.
Quella
mattina Alisia aveva già deciso che gioco fare: la madre doveva fingere di
essere una principessa che era stata rapita da un enorme drago, rappresentato
dal vecchio albero che avevano in giardino e lei doveva salvarla con la sua
spada, un ramoscello trovato nell’erba.
-Vai
via brutto dragone! - urlava Alisia -Lascia in pace la principessa! – E la
madre rideva, guardandola come se fosse la cosa più preziosa al mondo. Poi,
alla fine della “battaglia”, Alisia si avvicinò alla madre e l’abbracciò forte.
-Sei salva -
-Oh
grazie, ero così spaventata- disse la madre come se stesse recitando un copione
scritto in precedenza. -Meriti davvero un bel premio-
-Il
mio regalo! – esclamò Alisia.
-Esatto.
Se vai a cercare in credenza…- neanche il tempo di finire la frase che Alisia
corse in casa, colma di curiosità.
La madre ne approfittò per svuotare la
cassetta postale probabilmente colma di bollette da pagare e annunci
pubblicitari. Varcò la soglia del cancelletto di ferro che circondava la casa e
il giardino. In quel momento la bambina uscì di casa sventolando sorridente un
pacchetto rosso, ancora incartato.
-Vieni,
lo apriamo insieme! – disse Alisia ridendo.
La
risata della figlia era musica per le orecchie della mamma. Poi la donna sentì
il rumore di una sgommata…poi un clacson…poi non sentì più niente. Fu una
questione di secondi. Alisia vide sua madre accasciata sull’asfalto, il corpo
senza vita su uno sfondo rosso sangue. Rimase impietrita, lasciò cadere il
pacchetto, era come se un proiettile le avesse attraversato il cuore, era
ipnotizzata. Si risvegliò solo poco dopo, quando sentì la sirena
dell’ambulanza, chiamata dai vicini che avevano assistito alla scena cruenta
dalla finestra. Quel giorno la vita di Alisia sarebbe cambiata per sempre.
Dovette
andare a vivere con sua zia, zia Gertrude, una vecchiaccia zitella a cui
interessavano solo i soldi. Viveva in una città molto distante dalla casa della
piccola Alisia, una città molto strana agli occhi della bambina. Era come se
avessero cancellato tutti i colori, era rimasto solo il grigio. Persino le
persone che vi abitavano sembravano scolorite e grigiastre. Si spostavano in
massa, tutti con la testa china su uno strano dispositivo, pigiando velocemente
con i pollici sullo schermo.
Alisia
guardava quella strana città con gli occhi sgranati dal finestrino del taxi
mentre la zia, che sedeva accanto a lei, stava quasi per appisolarsi. In quel
momento decise di aprire il regalo della madre, ancora intrappolato nella carta
rossa. La strappò piano piano, come se fosse qualcosa di prezioso. Il regalo
era un bel libro, lei li adorava. Sulla copertina, dai colori accesi, erano
raffigurati una principessa e una fatina e, sullo sfondo, un mago dall’aria
malvagia. Non vedeva l’ora di leggerlo, era tutto ciò che le rimaneva di sua
madre. Stava per aprirlo quando, improvvisamente, una mano rugosa glielo
strappò dalle mani.
-Cos’è
questo? – disse zia Gertrude.
-E’
il regalo della mia mamma! – urlò Alisia.
-Principesse…maghi…pss!
Non esiste questa robaccia, la magia! – rispose la zia con aria di disprezzo.
-E’
solo un libro, voglio leggerlo! –
-A
casa mia non avrai tempo di “viaggiare con la fantasia”, devi lavorare. –
E
lo chiuse nella sua vecchia borsa di pelle, ignorando le proteste e i
piagnucolii della bambina.
Il
taxi si fermò a pochi passi dalla casa di zia Gertrude che, ovviamente, era la
più grigia di tutte.
La
prima cosa che fece, appena entrate, fu mettere il libro su una mensola in alto,
lontano dalla portata di Alisia.
-Bene-
disse -ora prendi quello straccio e inizia a pulire la stanza in fondo, tu
starai lì-
Era
una camera abbastanza stretta, impolverata, illuminata dalla luce fioca che
penetrava dalla finestra. C’era un lettino, un comodino e un piccolo armadio,
dove la sua roba sarebbe entrata a malapena.
-Pulisci
tutto entro l’ora di cena- disse la zia con aria minacciosa e si sbatté la
porta dietro le spalle, lasciando Alisia da sola.
La
bambina si abbandonò ad un pianto disperato sul lettino.
-Come
farò a vivere con lei?!- si ripeteva. -Rivoglio la mia mamma-.
Poi
le venne in mente il libro, sarebbe stato l’unica consolazione, doveva trovare
il modo per riprenderselo.
Cercò
di finire le pulizie più in fretta che poteva, terminando pochi minuti prima
della cena. Poi dovette sorbirsi il minestrone della zia Gertrude, mangiando in
assoluto silenzio, mentre la vecchiaccia guardava il telegiornale. Dopodiché
subito a letto. La camera da letto della zia era proprio accanto alla sua, la
sentiva russare come un elefante. Era il momento giusto per agire.
Con
passo felpato si diresse in soggiorno, dove la zia aveva recluso il suo
prezioso libro. Salì sulla poltrona, non riusciva a raggiungerlo nemmeno in
punta di piedi, la mensola era troppo alta. Si arrampicò quindi sulla spalliera,
allungò le braccia e…preso! Tornò subito in camera sua, si mise sotto le
coperte facendo luce con una torcia, aprì il libro e… -No…non può essere-
pensò. Le pagine erano tutte bianche!
Non
c’era scritto niente di niente, a parte una piccola nota nell’angolo in alto
della prima pagina, somigliava alla scrittura della madre: “Usa la tua fantasia” diceva.
-Lo
devo scrivere io! – esclamò Alisia e per poco non svegliava la zia.
Subito
prese una penna, pensando a cosa avrebbe potuto scrivere. Optò per cominciare
con il classico “C’era una volta” ma appena posò la penna sul foglio accadde qualcosa
di straordinario.
Vide
una grande luce bianca. Sparì il letto sotto di lei, poi tutta la stanza, si
sentiva come se stesse cadendo in un pozzo senza fondo, per poi atterrare senza
troppi lividi su un prato erboso. D’avanti a sé s’innalzava un grande e folto
bosco.
Alice
non capiva cosa fosse successo, non capiva dove si trovava, aveva bisogno di
aiuto.
-C’è
qualcuno? - cominciò ad urlare. –Qualcuno può sentirmi? –
Poi
sentì un fruscio: - Chi è là? - disse.
Dalla
chioma degli alberi, in contrasto con il cielo blu notte, si elevò una lucina
minuscola, che si avvicinava sempre di più ad Alisia. La bambina non ci mise
molto a capire cosa fosse: era una fatina, grande poco più del suo pollice.
-Ciao-
disse Alisia. -Chi sei? –
-Sono
la fata del bosco incantato, tu invece? Non ti ho mai vista da queste parti-
disse la fata con voce dolce, familiare.
-
Io sono Alisia, sono una bambina. La tua voce assomiglia a quella della mia
mamma, sai? Forse sarà solo un’impressione…-
-Hai
detto Alisia? - esclamò la fata -Allora la leggenda era vera! - e svolazzò
attorno alla bambina dalla gioia.
-Ma…quale
leggenda...cosa c’entro io? - disse Alisia confusa.
-
Un’antica leggenda narra che un giorno sarebbe arrivata una bambina di nome
Alisia e avrebbe sconfitto il Mago Oscuro della montagna, sei tu! - rispose la
fata. Poi continuò, passando dall’euforia alla tristezza: - il Mago Oscuro ruba
la fantasia agli esseri umani e la rinchiude nella sua sfera di cristallo. Un
tempo ho provato a fermarlo, ma il suo potere è troppo grande. Ma ora ci sei
tu! Aggiusterai tutto vero? Io ti darò il mio aiuto-.
In
quel momento Alisia capì perché la zia, la sua città, le case, gli abitanti
erano tutti così cupi: avevano perso la fantasia. Quel mago andava
assolutamente fermato, era l’unico modo per Alisia per ritrovare la felicità.
Guardò la fatina e disse: -Portami dal mago-.
-Beh…-
disse la fata –l’unico modo per arrivarci è volando! - e con la sua minuscola
bacchetta magica colpì la testa di Alisia, che cominciò a fluttuare nell’aria.
-Seguimi-
disse la fata.
Era
come nuotare nell’aria, una cosa meravigliosa. Sorvolarono le chiome degli
alberi del bosco incantato. Sembrava di toccare il cielo con un dito. Dopo
qualche minuto sentì la fata esclamare: -Ecco! Siamo arrivate- indicando una
grande montagna rocciosa. Il mago viveva in una grotta profonda. Era buio
pesto, così la fatina usò la sua magia per fare luce, quando improvvisamente si
trovarono davanti una grande statua di un cane a tre teste. Una delle tre
cominciò a parlare: -Se volete passare, forestieri, dovete risolvere un
indovinello-
-Se
sbagliate, sarà la vostra fine! – continuò la seconda testa.
Alisia
guardò impaurita la fata, poi la terza testa cominciò a parlare:
-Se
non parli per primo tu, lui non dice niente. Cos’è? –
Alisia
e la fatina cominciarono a riflettere.
-Noi
fate non siamo molto brave con gli indovinelli- sussurrò all’orecchio di Alisia
La
bambina quasi non la sentì, continuò a pensare, quando fu interrotta dalla voce
del cane.
-Vi
restano dieci secondi! - Il vocione della statua rimbombò nella grotta, facendosi
sempre più lontano.
-Ci
sono! - esclamò Alisia –La risposta è l’eco-.
-Esatto!
– risposero in coro le tre teste e le lasciarono passare.
Sentirono
una voce profonda: -Chi è là? –
Era
il mago, si intravedeva la sua sagoma nell’ombra. Aveva gli occhi gialli e
malvagi e una lunga barba incolta dalla quale si intravedeva un ghigno
malefico.
In
mano aveva una sfera di cristallo di mille colori. Era lì che teneva rinchiusa
la fantasia.
-Restituisci
la fantasia agli umani! - disse Alisia con voce ferma, anche se dentro stava
morendo di paura.
-MAI!
– urlò il mago e, alzando la mano, scagliò una saetta contro la bambina. La
fata, però, si frappose facendo da scudo e cadde a terra, dolorante.
Alisia
era inerme, non sapeva cosa fare. Poi si ricordò di quando giocava con sua
madre, quando usava un bastone come spada. La immaginò e quella, magicamente,
si materializzò nelle sue mani. Poi si ricordò la nota della madre: “Usa la tua fantasia”. Incredibile!
Riusciva a rendere reale tutto ciò che immaginava.
Corse
verso il mago, che subito scagliò un’altra saetta, ma in men che non si dica,
Alisia immaginò uno scudo per proteggersi.
Si scagliò contro il mago con tutta la forza che aveva e lo trafisse con
la spada. Il vecchio si dissolse in una nuvola di fumo, urlando. La sfera di
cristallo cadde a terra frantumandosi in mille pezzi, lasciando libere migliaia
di stelline colorate che volarono fuori dalla grotta, cercando di raggiungere i
rispettivi proprietari. Alisia corse dalla fatina, distesa al suolo, e la
strinse forte tre le braccia chiudendo gli occhi. Quando li riaprì, però, non
vide più la fata. Era sua madre, che la guardava con i suoi occhi dolci,
sembrava un angelo.
-Mamma!
Lo sapevo che eri tu! – e l’abbracciò forte.
-Sei
stata brava- disse la madre - Ora però devi tornare alla realtà-
-Vieni con me, non te ne andare di nuovo -
disse Alisia tra le lacrime.
-Non
posso, il mio posto ora è qui. Sei più forte di quanto pensi, ce la farai anche
senza di me. E ricorda, non smettere mai di usare la tua fantasia- e le diede
un bacio in fronte.
Alisia
si ritrovò nel suo letto, era mattina. Forse era stato tutto un sogno…no
invece, perché le pagine del libro erano piene. C’era scritta una storia, la
sua storia. Sentì bussare alla porta.
-Alisia-
disse zia Gertrude, però con una voce diversa, più dolce - E’ pronta la
colazione, vieni-.
Arrivata
in cucina trovò una colazione coi fiocchi e la zia, raggiante, la salutò con un
abbraccio.
-Dormito
bene piccola? - poi notò che era scomparso il libro dalla mensola, guardò Alisia
e le sorrise.
-Qualche
volta lo leggiamo insieme, ti va? –
Alisia
si affacciò alla finestra. Le case erano colorate, il sole splendeva luminoso.
I bambini giocavano per strada e gli adulti chiacchieravano serenamente.
Da
quel giorno Alisia ebbe una vita allegra, spensierata e la madre continuava ad
essere al suo fianco, vivendo nei suo ricordi e nel suo cuore.
Sarita Pisani 3^A