Scrittura creativa
Partire da un incipit per creare un racconto
La maglia gialla
La maglia gialla era mio fratello Uccio.
“Valerio, perché Uccio non è partito?” mi chiese Tobia, il mio miglior amico.
Anche Bianca mi puntò addosso due occhi a forma di punto interrogativo, ma io più che alzare le spalle non sapevo fare. Perché non era partito?
Se mio fratello avesse respinto gli attacchi in quella tappa terribile, piena di salite, avrebbe portato la maglia gialla del primato fino a Parigi, avrebbe vinto il Tour a soli 21 anni e noi tutti lo avremmo raggiunto sui Campi Elisi per festeggiare. Una favola!
E invece la televisione mostrò le immagini di Uccio che saliva su un’auto della polizia francese e spiegava che era stato sospeso dalla corsa dopo un controllo anti-doping.
In un attimo, la vita della mia famiglia slittò come un tubolare sull'asfalto bagnato e si capovolse: dalla favola all’incubo.
Sapevo che i giornali avrebbero trasformato Uccio, il fratello che adoravo, in un mostro. E poi papà, che non aveva mai amato il ciclismo, dopo questa storia, sicuramente mi avrebbe impedito di fare ancora le gare. Neppure nonno Tino, che ha corso un giro d'Italia, avrebbe potuto aiutarmi.
L’auto della polizia arrivò alla centrale. Uccio appena uscito
dall’auto fu travolto da una calca di
giornalisti: con le loro domande cercavano di far confessare il giovane
ciclista prima che lo facesse il giudice.
In una stanza ad aspettarlo
c’era un uomo. Uccio l’osservò timoroso;
era alto, aveva un viso sereno e pallido.
La fronte
alta troneggiava, incutendo rispetto, sopra il paio di sopracciglia bianche, di
sotto alle quali due occhi azzurri e
profondi guardavano il ragazzo con
rimprovero e disappunto.
<<Voglio
rifare il test>> disse Uccio con voce tremante. << Io sono
innocente!>> disse addolorato.
<<Ragazzo,
ti seguo in TV dall’inizio del tour , non posso credere che
tu abbia assunto sostanze dopanti >> parlò l’uomo con voce tonante.
<< Sì,
rifarai il test, ma per ora i miei uomini ti accompagneranno in un luogo
sicuro, mentre io indagherò sugli altri ciclisti >> disse con fermezza.
Dopo due
lunghissime interminabili settimane Uccio tornò in quella stanza al cospetto di
quell’uomo che da subito sentì dalla sua parte.
L’uomo era
sereno, per nulla accigliato e triste
come le era sembrato la prima volta che l’aveva visto.
<< Non
avevo dubbi, sei un ragazzo pulito >>
Uccio a
quelle parole sentì una gioia indescrivibile in
un attimo passò l’amarezza, la rabbia e l’insofferenza che da troppi
giorni avevano tormentato la sua anima.
<<Sei
stato vittima di un complotto >> disse il commissario.
<< Un
ciclista, un certo Ivan con la complicità di alcuni medici corrotti ha alterato
il tuo test, ma noi con le nostre accuratissime indagini abbiamo scoperto le
loro malefatte >> continuò l’uomo
con soddisfazione.
La maglia
gialla era di nuovo in gara, la verità aveva trionfato sulle menzogne.
Uccio lo ringraziò e dopo un abbraccio interminabile lo salutò. Non
avrebbe mai dimenticato quell’uomo.
Nel
frattempo Valerio, dopo la notizia che aveva fatto precipitare lui e la sua
famiglia nello sconforto, non se la
passava troppo bene.
Suo padre,
come aveva previsto, gli intimò di non prendere la bicicletta e borbottava che
i suoi figli erano troppo ingenui per
praticare quello sport e che lui li
aveva avvisati quali schifezze li avrebbero fatti ingurgitare.
Era successo
davvero! Come fare adesso per aiutare Uccio?
Doveva
chiedere aiuto al nonno Tino, lui era il
solo che conosceva quel mondo, però il ciclismo pulito di trent’anni fa, no
quello stupido di oggi con
cui si ha a che fare con persone senza
scrupoli che si iniettano di tutto, senza nemmeno sapere cosa stanno facendo.
“Ci
sono ciclisti juniores che nel valigino hanno aghi a farfalla, flebo, siringhe
pronte. Borracce contenenti Coca Cola, caffeina, contramal e teofilina. La
teofilina e la caffeina combinate assieme sono altamente nocive per la salute.”
Valerio queste parole le aveva sentite in televisione ne fu colpito a tal punto che ora
riemergevano così chiare e crudeli, ma suo fratello proprio no, lui lo
conosceva, era tutto d’un pezzo ci
teneva alla sua salute, non avrebbe mai ingerito tali schifezze…
Allora
Valerio si recò dal nonno e gli comunicò il suo progetto: andare in Francia con
la bici insieme ai suoi due amici, ai quali aveva precedentemente chiamato e
avvisato.
Il nonno
essendo molto anziano e debole decide di seguirlo con la sua macchina. Tutto
questo, però, doveva avvenire di nascosto del padre.
La mattina
dopo, verso le otto del mattino, Valerio e suo nonno si svegliarono, chiamarono
Bianca e Tobia (che andranno in macchina col nonno) e partirono. Durante il
viaggio fecero il giro di molte città, videro posti stupendi, fra cui monti
maestosi, pianure ridenti al primo sole del giorno, colline verdeggianti, fiumi
d’acqua pura e limpida e fitti boschi.
Ogni giorno
al calar del sole si fermavano per riposarsi e dopo la lunga pedalata Valerio
sprofondava in un sonno profondo per risvegliarsi il giorno dopo pieno di
energia per riprendere il cammino.
Dopo
parecchi giorni arrivarono finalmente in Francia. Subito dopo l’arrivo si
recarono immediatamente alla centrale dove era stato portato il
fratello.
Uccio stava
lì, sul marciapiede, aveva appena varcata il portone di quel palazzo in cui era
stato rinchiuso per due settimane. Davanti a sè vide spuntare il nonno e il
fratello con i suoi due amici. Ebbe un
tuffo al cuore e, vergognoso ma felice, si avvicinò a Valerio che sceso dalla bicicletta lo abbracciò.
Il tour de
France oramai era perso ma Uccio quel giorno era felice come se lo avesse
vinto. Era libero, questo importava.
Dopo vari
giorni di viaggio riuscirono a tornare in Italia con le loro rispettive biciclette, dopo una
lunga pedalata di riscatto i due giovani fratelli furono immortalati in un
servizio fotografico che li rese famosi.
Il padre
nonostante fosse arrabbiato per la loro scampagnata con la bici era fiero dei
suoi due figli e permise loro di continuare la carriera di ciclista.